Rapporto AlmaLaurea 2025: più occupati, ma il titolo spesso non basta

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Più occupazione, retribuzioni in ripresa, ma anche tanti laureati che faticano a trovare un lavoro in linea con il percorso di studi. È questo il quadro che emerge dal Rapporto AlmaLaurea 2025, presentato oggi a Brescia alla presenza della Direttrice del Consorzio Marina Timoteo e delle principali autorità accademiche italiane. L’indagine ha coinvolto oltre 690mila laureati di 81 atenei italiani, analizzando la loro condizione a uno, tre e cinque anni dal titolo. Ed è una fotografia a tinte contrastate: da un lato, il tasso di occupazione a un anno dalla laurea è il più alto dell’ultimo decennio (78,6%), con un incremento anche dei contratti a tempo indeterminato; dall’altro, restano forti le disuguaglianze legate al genere, all’origine sociale e al territorio. Il problema principale, però, resta il disallineamento tra studi e lavoro: il cosiddetto mismatch. A un anno dal titolo, il 39,3% dei laureati triennali e il 31,9% dei magistrali svolge un lavoro che non richiede il titolo accademico e non utilizza appieno le competenze apprese. A cinque anni, la situazione migliora, ma un quarto dei laureati resta comunque in mansioni poco coerenti con la formazione ricevuta. I settori più colpiti sono quelli umanistici, psicologici, artistici e delle scienze sociali. Ma non si tratta solo di ambiti disciplinari: entrano in gioco anche fattori culturali. Chi proviene da famiglie con genitori laureati o di elevata posizione sociale ha, in media, maggiori chance di accedere a posizioni coerenti. Il 59,9% dei laureati è donna, ma la presenza femminile nelle discipline STEM (scientifiche e tecnologiche) resta ferma al 41,1%, invariata da oltre un decennio. Le donne risultano più presenti nei percorsi umanistici ed educativi, dove però il rischio di disallineamento e retribuzioni più basse è più alto. Sul fronte delle retribuzioni: a un anno dalla laurea, i neolaureati guadagnano in media 1.490 euro netti al mese (+6,9% in termini reali rispetto al 2023). Ma chi lavora all’estero guadagna molto di più: oltre 2.200 euro (+54%). E infatti, molti talenti continuano a partire. A cinque anni dalla laurea, chi è andato all’estero guadagna in media il 61,7% in più rispetto a chi è rimasto in Italia. «L’aumento dell’occupazione non basta, se i laureati non trovano lavori all’altezza dei loro studi e delle loro aspettative», ha sottolineato Marina Timoteo durante la presentazione. In crescita anche le esperienze all’estero (10,3% dei laureati) e i tirocini curricolari (61%). La soddisfazione per il percorso universitario resta alta: il 90,2% dei laureati si dichiara soddisfatto del corso di studi scelto. In aumento anche l’accesso alle borse di studio (27,8%), grazie all’ampliamento della No-Tax area e delle soglie ISEE. Il rapporto conferma un dato storico e amaro: il 28,7% dei diplomati meridionali emigra per studiare al Centro-Nord. E solo una parte riesce a tornare. Un segno che l’Italia resta un Paese spaccato, anche nell’istruzione superiore.

Paolo Iafrate

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