Suicidio assistito, tra legge regionale della Toscana e caso in Lombardia

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Si riaccende il dibattito sul fine vita in assenza di una legge nazionale, tema eticamente sensibile che non dovrebbe essere lasciato alle competenze regionali. Come noto, alcuni giorni fa il tema è tornato di attualità con il via libera della Toscana alla proposta di legge sul suicidio assistito, nata da una raccolta di firme. In particolare, è stato stabilito che chi richiede una valutazione delle proprie condizioni di salute per accedere al suicidio medicalmente assistito dovrà ricevere una risposta entro un massimo di 30 giorni. Una legge giudicata incostituzionale da Fratelli d’Italia pronta a dare battaglia.

La Toscana ha varato una normativa che regola i tempi e i modi per dare la morte a chi, molto malato, la richiede. Cosa prevede: che ci sia un intervallo massimo di 47 giorni tra la richiesta di morire e l’auto-somministrazione del farmaco letale e che la prestazione della sanità pubblica sia gratuita e garantita da personale ospedaliero in orario di servizio. La legge è stata approvata dal Consiglio regionale con i voti della maggioranza di centrosinistra.

Le obiezioni sono tante: la prima è che la Corte costituzionale nel 2019, quando accertò il vuoto legislativo su questo tema, in realtà demandò la materia all’intervento del Parlamento e non delle Regioni. L’incompetenza regionale su un “diritto primario” come la vita è solo uno degli aspetti discutibili di una norma criticata anche dalla Chiesa toscana, che parla di tradimento della storia di una terra che con le Misericordie è culla di una cultura della cura, e non certo della morte come “servizio sanitario”.

Ma ci sono altri temi: ad esempio la non obbligatorietà per i medici e di conseguenza per il servizio sanitario. E poi il paradosso per cui già ora un malato gravissimo che intenda dire basta alle cure vitali lo può fare e in poco tempo, con tutta l’assistenza palliativa o la sedazione necessaria, concluderebbe la sua esistenza. 

Fontana: la Regione ha seguito le sentenze, ma serve una legge nazionale
Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione, hanno dichiarato che la Regione Lombardia ha fornito l’aiuto medico per la morte volontaria perché era suo dovere farlo. “Si conferma così, nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell’irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia”.

“Non è questione di autorizzare il suicidio medicalmente assistito”, replica il governatore Attilio Fontana. “L’autorizzazione l’ha data la Corte costituzionale con le proprie sentenze. Noi non abbiamo fatto altro che, attraverso il codice etico, trovare delle linee di condotta che verranno estese a tutta la Regione. In ogni modo – conclude – rimane opportuna una legge nazionale. Altrimenti ognuno può seguire le disposizioni dei propri codici etici, quando invece è necessario che ci sia una linea nazionale”.

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