Kiev ha fatto sapere di aver chiesto all’Italia maggiori dettagli sulla proposta avanzata da Giorgia Meloni di estendere l’articolo 5 della Nato all’Ucraina, pur senza un suo ingresso nell’Alleanza che la Russia considera una «linea rossa» non valicabile. Si tratta di una soluzione «molto pragmatica», ha detto il vice primo ministro Olha Stefanishyna, intervenendo alla tv ucraina.
Tra chi suggerisce l’invio di non meglio precisate truppe europee e chi preferisce che tutto venga deciso ai piani più alti della trattativa tra USA e Russia, per sostenere l’Ucraina nel suo difficile destino la premier Giorgia Meloni ha recentemente mantenuto una posizione più equilibrata evocando l’uso dell’articolo 5 della NATO al fine di fornire a Kiev quelle sempre richieste garanzie di sicurezza: un argomento non da poco e che molto difficilmente potrà tradursi in realtà data la complessità decisionale che grava attorno, e soprattutto all’interno, dell’Alleanza Atlantica; ma che comunque vale la pena approfondire nel dettaglio per capire come funzionerebbe e cosa comporterebbe concretamente.
La premier avrebbe da subito messo in chiaro che dal conto italiano è da escludere categoricamente l’ipotesi di inviare soldati di qualunque bandiera sul territorio ucraino, negando anche l’uso di fondi di coesione per sostenere le future – ingenti – spese militari; il tutto arrivando poi a suggerire – appunto – un’estensione del quinto articolo del Patto Atlantico anche all’Ucraina ritenendola una “soluzione più duratura” delle altre proposte dai leader europei.
Cosa dice l’articolo 5 della NATO evocato da Meloni per la difesa dell’Ucraina: l’aiuto reciproco in caso di guerra
L’idea di Meloni sarebbe quella di concedere a Kiev la piena copertura dell’articolo 5 della NATO, mettendo in chiaro comunque che non significherebbe necessariamente di concedere anche l’accesso all’Alleanza Atlantica: un punto – quest’ultimo – particolarmente importante perché l’adesione dell’Ucraina alla NATO è da sempre indicata da Putin come la “linea rossa” che non deve essere superata per evitare di incappare nell’ira belligerante del Cremlino; superando anche potenzialmente la necessità di un voto unanime da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Alleanza che mai varerebbe una simile misura.
Di fatto l’articolo 5 della NATO è quello attorno al quale ruota l’intero potere deterrente dell’Alleanza Atlantica, sancendo che un attacco nei confronti di uno qualsiasi dei 32 paesi che nel fanno parte sia considerato come “attacco diretto contro tutte le parti” impegnandole ad esercitare il “diritto di legittima difesa” nella misura – incluso l’uso della “forza armata” – ritenuta necessaria: il principio è quello della difesa collettiva, che nell’idea della premier potrebbe applicarsi anche attraverso trattati stipulati da alcune delle parti – dunque non necessariamente tutti e 32 i paesi, che peraltro includono anche la Russia – con l’Ucraina; superando il veto russo e quello statunitense.
Il governo italiano ragiona intorno a questa idea già da qualche tempo e Meloni l’ha messa formalmente sul tavolo delle discussioni durante il vertice di Londra. Poi, l’ha rilanciata anche da Bruxelles, dove si è riunito il Consiglio europeo straordinario su Ucraina e difesa europea. «Accogliamo con favore questa dichiarazione come parte della discussione sulla fornitura all’Ucraina di garanzie di sicurezza a lungo termine e sulle garanzie di sicurezza e pace in generale», ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Heorhii Tykhyi, in un briefing a Kiev, rivelando che «per quanto riguarda questa proposta, siamo in contatto con i nostri colleghi italiani per chiarirne i dettagli».
«Bisogna provare a pensare un po’ fuori dagli schemi, pensare un in modo creativo. Credo che il tema dell’articolo 5 della Nato sia il tema più efficace di tutti, che può voler dire anche non ingresso nella Nato», aveva spiegato Meloni a Londra. «Sulle truppe europee sono molto molto perplessa, non lo considero efficace. Escludo che possano essere inviati soldati italiani. Meglio pensare a soluzioni più durature. Estendere l’articolo 5 della Nato sarebbe una soluzione duratura», ha ribadito a Bruxelles.
Cosa dice l’articolo 5
L’articolo 5 della Nato prevede che se un membro viene attaccato è come se tutta la Nato venisse attaccata. «Le parti convengono – recita l’articolo – che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale».
L’estensione dell’articolo 5 della Nato all’Ucraina potrebbe avvenire tramite un accordo tra le parti, senza la necessità di modificare i trattati. Il suo scopo sarebbe quello di fornire quell’effetto di deterrenza necessario per garantire la sicurezza dell’Ucraina senza la drammatizzazione e il rischio escalation insito in proposte come quella francese di fornire un “ombrello nucleare”. «Estendere le garanzie di sicurezza ha solamente il vantaggio di dire che l’Ucraina non può essere attaccata», ha spiegato qualche settimana fa anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari.