Ucraina, al G7 Trump chiede all’Europa di unirsi per la pace. Zelensky: Kiev conta sul mondo, grazie a chi ci ha difeso

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Friedrich Merz si augurava un risultato elettorale più forte per la sua Cdu ma il suo partito sarà in grado di formare una maggioranza di governo con il sostegno dei soli socialdemocratici, senza dover ricorrere a faticose negoziazioni a tre o a quattro per comporre una coalizione.

Merz ha un obiettivo prioritario per la Germania e per l’Europa di questa fase storica, la gestione della crisi ucraina dopo lo choc della svolta filorussa imposta da Donald Trump. Dopo la proclamazione dei risultati, Merz è stato subito molto chiaro: l’obiettivo finale del rafforzamento militare dell’Europa dovrà essere l’indipendenza dalla tutela americana. E se Berlino potrà conseguirlo con un governo Cdu-Spd, certamente non potrebbe alleandosi con l’Afd, il partito di estrema destra favorito da Trump e da Elon Musk, oltre che da Vladimir Putin. La sfida che attende Merz è molto dura anche sul piano internazionale, dove punta a far diventare la Germania il terzo principale pilastro di un’Europa forte in grado di giocare un ruolo non subalterno agli Stati Uniti nei rapporti con la Russia.

Il premier britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron a Washington hanno tentato di far comprendere a Donald Trump che la strategia di accomodamento verso Putin è sbagliata: il dittatore russo ragiona in termini di forza e sta solo cercando di approfittare di concessioni americane sulla pelle dell’Ucraina che avranno come unico risultato il peggioramento delle condizioni di sicurezza per l’Europa. Il Regno Unito e la Francia, uniche vere potenze militari del Vecchio Continente e le sole dotate di un arsenale nucleare (che sommato supera le 500 testate) trovano fondamentale far capire al presidente Usa perché l’Europa non potrà accettare decisioni sull’Ucraina prese in sua assenza e perché continuerà a sostenere coerentemente Kiev, ma sono sorte critiche proprio da parte di chi non ritiene valida l’iniziativa presa da Macron convocando a Parigi un vertice che rappresenta l’avvio di un cambiamento indispensabile, ma non considerano valido il presidente francese un valido attore a causa della sua debolezza politica interna. Friedrich Merz commetterà un passo falso sopravvalutando Macron? Il rischio esiste, e molto dipenderà dal senso di responsabilità dei parlamentari francesi.

Vladimir Putin, dal canto suo, prova a riprendersi la scena. Mentre i riflettori mondiali sono puntati sull’incontro Trump-Macron, la tv di Stato russa manda in onda lo zar che tiene un incontro in videocollegamento con il governo sulle terre rare della Federazione e concede un’intervista a Pavel Zarubin. Il leader del Cremlino conferma l’intesa con Donald Trump e apre alla possibilità di colloqui anche con gli Stati europei.

Ovviamente la comunicazione è in puro stile putiniano, che è sempre una sorta di ‘avvertimento’. Mosca annuncia di aver distrutto una stazione di comunicazione Starlink, la costellazione satellitare di Elon Musk che è diventata un tassello fondamentale della resistenza ucraina. La notizia arriva dalla Tass, con la voce di Ivan Bigma portavoce del gruppo tattico Ovest, che proprio ha sferrato l’attacco. «Eliminata la stazione di guerra elettronica Kvertus, 21 postazioni di controllo dei droni e tre depositi da campo di munizioni», dichiara. E nel calderone delle rivendicazioni finiscono anche sei cannoni di artiglieria da campo, di cui quattro “Made in Nato“, e quattro mortai. C’è di più, disintegrati pure nove droni ucraini ad ala fissi per mano delle difese aeree russe.

L’elemento chiave, però, non è tanto il consueto bollettino di guerra, ma il bersaglio scelto: Starlink. Quella rete di satelliti che ha garantito all’Ucraina una comunicazione rapida ed efficace anche nei momenti più bui, permettendo ai droni di colpire con precisione, ai soldati di coordinarsi sul campo, e persino a Zelensky di connettersi con il mondo quando tutto sembrava collassare. Distruggerne una base non è solo un’operazione militare, è un messaggio trasversale a Musk, alla Nato, a chiunque creda che la guerra sia finita.

Nonostante i pronostici americani e gli sforzi di Donald Trump per porre fine alla guerra in Ucraina, il Cremlino non sembra voglia frenarsi di fronte a nulla. Anzi, celebra la distruzione di un’infrastruttura del beniamino del presidente come un trofeo. Pare che nessuno possa giocare alla guerra con la Russia senza pagarne il prezzo. Putin lo sa, e lo dice con il suo linguaggio preferito: le esplosioni.
C’è comunque una timida apertura di Putin ai colloqui con la Ue

“La Russia non è contraria alla partecipazione dell’Ue ai colloqui per una soluzione alla guerra in Ucraina, ma ritiene importante anche la posizione dei Paesi Brics”, ha sottolineato Putin, nell’intervista al canale televisivo Rossiya-1. Non mancano le lodi al presidente Usa che, a differenza della Ue “che ha promesso troppo a Kiev “ha le mani libere, è libero da queste catene”. Europei al tavolo del negoziato, dunque? Putin apre spiragli. “Erano stati loro a rifiutarsi. Se vogliono tornare, che lo facciano”. Ma chiarisce che l’interlocuzione deve limitarsi al dossier ucraino. Poi puntualizza: «Ma che cosa c’entrano gli europei? Qui si parla delle relazioni bilaterali russo- americane. Nella mia telefonata con Trump e nell’incontro a Riad si sono toccate questioni legate alla crisi ucraina, ma la sostanza non è stata discussa. Abbiamo semplicemente concordato che ci saremmo messi al lavoro”.

Il capo del Cremlino passa poi all’accordo americano-ucraino sulle terre rare: “Siamo pronti ad attrarre partner stranieri nei nostri nuovi territori storici che sono stati restituiti alla Russia. Ci sono alcune riserve qui. Siamo pronti a lavorare con i nostri partner, compresi quelli americani, nelle nuove regioni”. Il presidente russo sostiene anche la proposta del presidente i Donald Trump, secondo cui Russia, Stati Uniti e Cina dovrebbero dimezzare i loro budget militari. “Penso che sia una buona idea. Gli Stati Uniti taglierebbero del 50 percento e noi taglieremmo del 50 percento e poi la Cina si potrebbe unire se lo volesse”.

Putin ritorna a riproporre la sua narrazione su Zelensky partendo dalla sua illegittimità di presidente ucraino: “L’attuale capo del regime di Kiev sta diventando una figura tossica per le forze armate ucraine perché impartisce ordini assurdi, dettati non da considerazioni militari, ma politiche, e non è chiaro su cosa si basino. Questo porta a perdite enormi”. Non manca di sottolineare la perdita di consensi del premier ucraino, visto che il consenso per lui è la metà di quello per Zaluzhny. Così Putin riferendosi all’ex capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, destituito da Zelensky e possibile candidato alla successione del leader ucraino. Il capo del Cremlino, infine ha reso noto che aziende russe e americane sono “in contatto” per progetti economici congiunti nell’ambito della risoluzione della guerra in Ucraina”. La scorsa settimana Washington aveva parlato di “partnership economiche potenzialmente storiche” nel caso in cui il conflitto finisse.

Ma il Cremlino e la Casa Bianca hanno tempi molto diversi sul percorso dei negoziati. Mentre il presidente Usa ha fretta Putin, al contrario, temporeggia. Trump ha bisogno di un risultato in tempi veloci anche per dare il colpo di grazia all’assetto messo in atto dall’amministrazione Biden.
L’ Italia ha sempre detto che l’invio di truppe italiane in Ucraina non è all’ordine del giorno. E soprattutto non ha cambiato rotta sull’appoggio convinto e totale all’Ucraina. La linea euro-atlantica è tracciata una volta per tutte, non si retrocede di un millimetro. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Attuazione del programma, Giovanbattista Fazzolari, dissipa ogni dietrologia emersa in queste ore: ‘Mi sembra che le parole di tutti gli esponenti del governo sono sempre state chiarissime. Le dinamiche sulle votazioni delle Nazioni Unite sono sempre molto complesse, su tutte le materie. Non credo che siano esemplificative di nulla di particolare. L’obiettivo di tutti è quello di arrivare a una pace sostenibile per l’Ucraina e per l’Europa. Quando avremo delle informazioni più concrete, dei documenti, li potremo commentare. Oggi in realtà c’è poco da commentare”.

Il posizionamento dell’Italia su Kiev è chiaro: “Non è a oggi all’ordine del giorno l’invio di truppe italiane” come forza di contrapposizione in Ucraina. L’idea di un possibile cordone militare tra russi e ucraini, ventilata anche dal presidente Emmanuel Macron a Washington è un’ipotesi che la Francia sostiene da tempo. L’Italia non la reputa la soluzione più efficace. Non c’è mai stata una forza di interposizione internazionale tra due eserciti di questa portata- chiarisce-. Da entrambi i lati ci sono più di un milione di soldati armati e non vedo bene quale sia la forza di interposizione tra questi due eserciti. Lunedì nel corso dell’incontro nello Studio Ovale, Emmanuel Macron aveva ribadito che gli europei sono pronti ad arrivare fino all’invio di truppe per garantire che l’accordo di pace tra Russia e Ucraina venga rispettato. L’Italia non è su questa linea. Fonti di governo avevano già lunedì definito l’idea di inviare truppe italiane in Ucraina una notizia totalmente campata per aria: l’ipotesi non è nemmeno al vaglio della maggioranza. Altro discorso è quello di una missione internazionale con il cappello Onu in un contesto di pace- fa notare- : missioni di pace di questo genere l’Italia le ha fatte più volte e se mai se ne parlerà, se ne parlerà anche con l’Italia. Ma non è, a oggi, all’ordine del giorno’.

Fazzolari non crede a una “spartizione” del territorio ucraino, come condizione di pace tra Russia e Usa: “Avrei un certo timore ad andare sul territorio ucraino a pensare di spartirmi l’Ucraina senza il consenso degli ucraini. Non so chi avrà il fegato di farlo…”.

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