Tutti i promotori dei quesiti referendari, Landini, Conte, Schlein, Bonelli e Fratoianni , dopo l’ esito decretato dalle urne, ciascuno in modo diverso , hanno dichiarato di non aver mai creduto al raggiungimento del quorum. A questo punto è d’obbligo una riflessione: ” Perché i promotori, pur ritenendo che non si sarebbe raggiunta la soglia del 50% più uno , hanno deciso di sottoporre al giudizio degli elettori dei quesiti scritti in forma molto tecnica e a tratti incomprensibile? L’ unico chiaro era il quesito che chiedeva di ridurre da 10 a cinque anni , il tempo per acquisire la cittadinanza. Ma tornando alla scarsa fiducia dei promotori nella conquista del quorum, queste dichiarazioni vanno ad avvalorare quanto sostenuto dalla Premier, Giorgia Meloni, che i referendum erano stati messi in campo dalla sinistra per creare un inciampo al governo. I risultati usciti dalle urne non sono tali da costituire un allarme per la tenuta della maggioranza governativa. Come pure surreale la tesi della Schlein che i tredici milioni ottenuti dai si , sono più o meno gli stessi voti ottenuti dal centro destra alle elezioni legislative del 2022. Ma non esatto dare una chiave di lettura del genere al voto sui referendum, che sono cose diverse e rispondono a tipi di logica diverse , rispetto alle consultazioni politiche e amministrative e soprattutto non sono sovrapponibili. Il realismo induce a riflettere e ad essere prudenti. Oggi lo scontro è tutto interno al PD , con i riformisti che non vedono di buon occhio l’ abbraccio di Schlein con Maurizio Landini e la CGIL. Peraltro Landini non è riuscito a coinvolgere nella battaglia referendaria molte sigle sindacali.
Perché i promotori del referendum non credevano al quorum
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