Guerra Israele-Iran, uccisi scienziati impegnati nel progetto per la bomba atomica

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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito i raid scattati contro i siti nucleari iraniani una necessità. Israele ha agito contro il programma nucleare e balistico iraniano anche senza garanzie di pieno sostegno da parte degli Stati Uniti: “Speravo che gli Stati Uniti non si opponessero all’attacco contro l’Iran, ma non avevamo scelta. Senza il loro appoggio forse non avremmo lanciato l’attacco, ma l’alternativa era che saremmo morti tutti”. Il premier ha precisato che Washington era stata informata preventivamente del raid e ha lasciato nelle mani del presidente Donald Trump ogni futura decisione. “Da questo momento in poi, spetta a lui decidere come proseguire”, ha detto Netanyahu. “Non parlerò a nome suo. Ha parlato in modo molto fermo. E ha detto che l’Iran non dovrebbe avere armi nucleari”.

L’operazione “non è stata perfetta”, ha aggiunto, ma necessaria per fermare il programma iraniano, che, a suo dire, “minacciava l’esistenza stessa dello Stato israeliano”. Netanyahu ha sottolineato di aver cercato attivamente il sostegno americano: “Quella responsabilità era mia e del ministro per gli Affari strategici Ron Dermer. Abbiamo avuto lunghi colloqui con loro”. L’ordine di attaccare il programma risale a novembre 2024, poco dopo l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. Secondo Netanyahu l’Iran avrebbe accelerato verso la bomba dopo il crollo del suo asse. E Israele avrebbe rilevato “passi concreti” verso l’arma atomica, secondo quanto riporta il Times of Israel.

Netanyahu aveva inizialmente fissato l’operazione per la fine di aprile 2025, ma, ha spiegato, “per varie ragioni”  non è stato possibile procedere.

Israele ha colpito duramente il cuore dell’apparato militare iraniano. Secondo quanto riferito dalle Forze di Difesa israeliane, oltre 200 caccia da combattimento, supportati da sofisticate operazioni di intelligence, hanno condotto un attacco coordinato su più di cento obiettivi all’interno del territorio iraniano. A queste operazioni si sono aggiunti droni esplosivi lanciati direttamente dal suolo iraniano, probabilmente con il supporto operativo del Mossad. Il risultato è stato devastante: almeno tre tra i più alti vertici militari iraniani sono stati uccisi, insieme ad altri alti ufficiali e scienziati coinvolti nel programma nucleare di Teheran.

Tra le vittime principali figura il generale Mohammed Hossein Bagheri, capo di stato maggiore delle forze armate iraniane. Considerato il più alto ufficiale militare della Repubblica Islamica, Bagheri aveva il compito di coordinare sia l’esercito regolare (Artesh) sia il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Figura chiave nella struttura del potere iraniano, era spesso indicato come il secondo uomo più potente del regime dopo l’ayatollah Khamenei. Nato nel 1968, fu tra gli studenti che nel 1979 parteciparono all’assalto all’ambasciata statunitense a Teheran. Suo fratello, stratega di rilievo e alto ufficiale delle Guardie, era ammirato da Qassem Soleimani. Dopo la sua morte, Bagheri ne aveva raccolto l’eredità, scalando i vertici militari. Si era anche ipotizzato un suo futuro ruolo politico ai massimi livelli.

Un altro nome di primo piano tra i leader uccisi è quello di Esmail Qaani, comandante della Forza Quds, il braccio estero delle Guardie rivoluzionarie iraniane. Succeduto a Qassem Soleimani dopo il suo assassinio nel 2020 da parte degli Stati Uniti, Qaani ha guidato operazioni militari segrete e attività di intelligence in tutta l’area mediorientale. Figura chiave nella strategia di “esportazione della rivoluzione islamica”, ha sostenuto e armato milizie come Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen, e gruppi filo-iraniani in Siria e Iraq. La Forza Quds è anche ritenuta responsabile di attentati contro obiettivi israeliani all’estero. La sua eliminazione rappresenta un duro colpo per l’architettura militare regionale dell’Iran.

Tra i caduti figura anche Hossein Salami, capo delle Guardie della Rivoluzione, una delle strutture più potenti e temute del regime iraniano, con funzioni che vanno dall’intelligence interna alle operazioni esterne. Salami, 65 anni, era entrato nell’IRGC durante la guerra Iran-Iraq negli anni ’80. Nominato comandante supremo nel 2019 da Khamenei, ha incarnato la linea più dura del regime, apertamente ostile all’Occidente e determinata a sviluppare armamenti nucleari. Le sue dichiarazioni pubbliche non lasciavano spazio a dubbi: “cancelleremo Israele dalle carte geografiche” e “spalancheremo le porte dell’inferno” erano frasi che usava con regolarità per ribadire la posizione dell’Iran. Il giorno prima dell’attacco aveva ribadito che l’Iran era “pronto per ogni scenario”.

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