Voto europeo e rush finale della campagna elettorale

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FdI, FI e Lega sono impegnati nel rush finale della campagna elettorale: Meloni radunerà – a Roma, probabilmente a piazza del Popolo – i candidati di FdI il primo giugno, Forza Italia e Noi moderati faranno altrettanto il 13 maggio (alla presenza della presidente della commissione Ue von Der Leyen) e anche la Lega sta studiando le varie iniziative sul territorio (il 13 maggio, per esempio, ci saranno Matteo Salvini e il generale Roberto Vannacci a Bari).

I lavori parlamentari saranno sospesi alla Camera il 3 giugno, anche se di fatto già il 28 maggio ci sarà il ‘fuggi fuggì, nella coalizione di governo si discute di riforme ma  l’argomento principale diventa il rapporto tra politica e magistratura e soprattutto l’arresto, ai domiciliari, del presidente della Regione Liguria.

Dimissioni di Toti? FdI “non esclude nulla”

In ogni caso il centrodestra attenderà gli sviluppi dell’inchiesta. “Noi siamo garantisti. Non mi sembra che le accuse nei confronti di Toti stiano in piedi”, osserva un esponente di peso di FI. “Chissà perché queste inchieste arrivano sempre prima di un voto”, ironizza un esponente della Lega. Intanto, l’ordinanza di custodia cautelare della maxi inchiesta per corruzione a Genova è stata inviata dal procuratore capo, Nicola Piacente, alla commissione parlamentare Antimafia. Il centrodestra si schiera comunque al fianco del governatore.

La tesi della maggioranza è che il governatore ligure saprà dimostrare la sua innocenza ma l’ipotesi di un passo indietro di Toti, non esclusa da FdI, potrebbe ‘riaprire’ il risiko delle candidature nella coalizione. Le prossime Regioni che andranno al voto sono l’Umbria (dove si è votato nell’ottobre del 2019), e, a seguire, Campania, Marche, Puglia, Toscana e Veneto (si votò nel settembre 2020). In Liguria, si sarebbe dovuto votare in questa ultima tornata elettorale, quindi a settembre 2025, e Toti non si sarebbe potuto ricandidare per il divieto di terzo mandato in vigore per i presidenti di Regione, essendo stato eletto per la seconda volta nel 2020 (con il 56,13% delle preferenze contro il 38,90% andato al candidato del centrosinistra Ferruccio Sansa). In base all’articolo 41 dello statuto regionale, il vice presidente della giunta ligure, il leghista Alessio Piana, sostituisce il governatore autosospeso.

Occorre ora capire come si evolverà l’inchiesta e soprattutto quanto durerà il provvedimento di custodia cautelare nei confronti di Toti. Nel caso in cui Toti si dimettesse nelle prossime settimane, si potrebbe andare al voto in autunno in accorpamento con l’Umbria ed, eventualmente, con l’Emilia-Romagna (la probabile elezione di Stefano Bonaccini a Strasburgo potrebbe portare al voto anticipato). A questo punto, nel centrodestra si porrebbe il tema del candidato.

In Transatlantico in mattinata si disegnavano già possibili ‘geometrie variabili’. Chi, tra leghisti e FI, ipotizzava una corsa di Rixi al Palazzo della navigazione. Chi dava per certa la candidatura di Rosso, coordinatore ligure di Fratelli d’Italia, partito che da tempo ambisce alla guida di una Regione del Nord. La prima ipotesi – ovvero la possibilità per la Lega di guidare la Liguria – compenserebbe quindi il partito di Matteo Salvini dell’eventuale ‘perdita’ del feudo veneto, dove Luca Zaia non può ricandidarsi nel 2025, obbligato a uno stop dopo il secondo mandato. Anche se – osserva una fonte di FdI – “la Lega in questo momento è debole in Liguria”. In ogni modo, nè Rixi nè Rosso sarebbero disponibili allo stato per una candidatura che l’inchiesta renderebbe in salita.

Ma bisogna anche vedere se sarà percorribile l’altra strada, ovvero quella di reggenza prolungata di Piana, fino alla scadenza della legislatura, anche considerando il fatto che il nome di quest’ultimo è comparso di recente (ma non è indagato) in una inchiesta della Procura di Genova su festini vip con droga e escort, bollata come “fake news” dall’interessato.

Sul fronte delle opposizioni, dall’asse Pd-M5s-Avs arriva la richiesta forte di dimissioni del presidente Toti. “La commistione fra politica e imprese private con interessi milionari legati alla pubblica amministrazione è una vera e propria malattia da estirpare. Ed è la ragione principale per cui io credo che Toti debba dimettersi e che vada restituita la parola ai cittadini della Liguria”, dice Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana. “È necessario che si vada rapidamente a nuove elezioni. Solo nuove elezioni possono portare chiarezza politica in una regione che ormai è un concentrato di interessi, ovvero aziende, società e persone che hanno finanziato la campagna elettorale del presidente Toti, e che poi sono le stesse società che hanno ottenuto autorizzazioni o delibere dalla stessa Regione”, rincara Angelo Bonelli di Allenza verdi e sinistra. “Elezioni subito” è anche la linea del Partito Democratico.

I dirigenti dem della Liguria, in una nota, rompono gli indugi e chiedono che inizi immediatamente quel processo di rigenerazione delle istituzioni regionali di cui parla anche l’ex ministro Andrea Orlando. “Si deve chiudere la stagione del centrodestra in Liguria. Toti si dimetta e ci siano subito nuove elezioni”, si legge nel testo firmato dai dirigenti Pd di Genova e Liguria. Una richiesta che va anche oltre la cronaca giudiziaria. Muove, piuttosto, dal giudizio negativo sul governo regionale: “In questi anni il Partito Democratico a tutti i livelli ha denunciato i danni e le conseguenze che questa gestione della politica ha causato alla sanità, al lavoro, alle infrastrutture, ai servizi sociali”. Questo, assieme alla “poca distanza dalle scadenze elettorali sollecita una mobilitazione civica: in nome della moralità della politica e di un’idea di Liguria diversa”. Una posizione che ricalca quella di Orlando. L’esponente dem è tra i primi a sollecitare, a fronte di un “quadro desolante”, un processo di rigenerazione che non può avere inizio se non con le dimissioni del governatore: “Bisogna evitare che questo cortocircuito molto grave pregiudichi gli interessi della regione e i grandi investimenti che la riguardano. È quindi necessario evitare che la situazione vada allo sbando. C’è la necessità di avviare un forte processo di rigenerazione nell’interesse della regione e dei liguri”.

A chiedere le dimissioni di Toti è anche Giuseppe Conte: “L’inchiesta è appena uscita, stanno emergendo fatti precisi e gravi. È bene che” il presidente della Liguria “ne tragga le conseguenze”, spiega Conte a margine degli Stati Generali dei commercialisti.

Conte ritiene quella che si è mostrata a Genova “una ferita grandissima alla democrazia” che solleva “una questione morale nazionale” e “non è certo mettendo la mordacchia alle toghe che si può trovare una soluzione”. Un riferimento nemmeno tanto implicito alla riforma che porta il nome del ministro e che è attesa “a breve” in Consiglio dei ministri

Al coro che chiede le dimissioni di Toti non partecipa Matteo Renzi. Ricordando che “siamo all’opposizione di Toti”, il leader di Italia viva sottolinea che “a maggior ragione siamo garantisti. Commenteremo le sentenze. Non ho mai pensato che un provvedimento giudiziario debba automaticamente influire sulla vita politica del Paese”.

Posizione speculare a quella di Azione: “È troppo lungo l’elenco dei governatori indagati, sbattuti sui giornali con clamore e poi prosciolti o assolti, da Pittella a Fontana, da Oliverio a De Luca, da Zingaretti a Bonaccini per citarne alcuni, per non prendere con i piedi di piombo le accuse contro Giovanni Toti”, dice il deputato Enrico Costa.

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