Esiste un asse Washington-Mosca? Non si parla qui di un’alleanza formale, con trattati e firme, ma di qualcosa di più sfuggente e sottilmente influente. Un’intesa informale, personale, costruita tra due leader fuori dagli schemi – Donald Trump e Vladimir Putin – che sembrano, almeno a volte, parlare la stessa lingua del potere. Ma si tratta davvero di un patto o è solo una convergenza retorica priva di riscontri concreti?
L’idea di una cooperazione tra Stati Uniti e Russia non è nuova, ma ha assunto contorni più netti e inquietanti a partire dal 2016, quando Trump, da candidato, elogiava Putin come un “leader forte” e si dichiarava pronto a rivedere le relazioni con Mosca. Durante il suo primo mandato (2017–2021), quella fascinazione si è tradotta in momenti altamente simbolici, come il vertice di Helsinki del 2018, dove Trump si schierò pubblicamente contro le agenzie di intelligence americane pur di non contraddire il presidente russo. Quella conferenza stampa divenne l’emblema di un rapporto anomalo, dove la deferenza sembrava sostituire la prudenza strategica.
Ma è con il ritorno di Trump sulla scena politica nel 2024 e il suo nuovo insediamento alla Casa Bianca che la questione assume dimensioni geopolitiche ancora più complesse. Mentre la guerra in Ucraina si avviava al quarto anno, Trump rilanciava la promessa di “mettere fine al conflitto in 24 ore”, suscitando reazioni scettiche tra i leader occidentali e un silenzioso interesse da parte di Mosca. Nel maggio 2025, i due leader hanno avviato una serie di telefonate, culminate in un lungo colloquio di oltre due ore il 19 maggio, durante il quale Trump ha annunciato un’imminente apertura dei negoziati tra Kiev e Mosca per un cessate il fuoco.
Il tono pubblico è parso quello di una collaborazione proficua: Putin ha ringraziato Trump per il suo “ruolo costruttivo” e ha parlato di “un processo sulla strada giusta” (“BBC”, “Foreign Policy”). Trump, da parte sua, ha evocato la possibilità di un incontro storico, proponendo il Vaticano come sede dei colloqui. Alcuni giornali, come “Politico” e “New York Times”, hanno suggerito che si stesse consolidando una sorta di “diplomazia parallela”, dove Washington e Mosca ridefiniscono l’equilibrio globale senza consultare apertamente i propri alleati.
Eppure, dietro la coreografia diplomatica, le crepe sono visibili. Il Cremlino ha evitato ogni riferimento a un accordo vincolante, parlando piuttosto di un “memorandum” generico. Zelensky, allarmato, ha avvertito che “nessun piano che escluda l’Ucraina sarà accettabile”, mentre da Bruxelles sono giunti segnali di irritazione per l’esclusione dell’Europa dai negoziati. Come riporta “Reuters”, l’Unione Europea teme che un accordo a due possa legittimare le conquiste territoriali russe, in cambio di una fragile pace di facciata.
In questo clima di ambiguità e contrapposizione di narrative, si fa strada l’ipotesi che il legame Trump–Putin non sia solo una convergenza diplomatica temporanea, ma un riflesso di una visione condivisa dell’ordine mondiale. Entrambi i leader hanno mostrato disprezzo per i meccanismi multilaterali, preferendo accordi bilaterali e relazioni “tra uomini forti”. Il fatto che, tra le varie sedi proposte, sia stato scelto un luogo simbolico come il Vaticano e non un forum internazionale come Bruxelles è indicativo della preferenza per una risoluzione personalistica del conflitto. Altri analisti mettono in guardia da letture troppo affrettate. Le divergenze tra i due restano profonde: Trump è imprevedibile, cambia posizione in base alla convenienza politica interna; Putin, al contrario, gioca una partita di lungo termine, puntando all’erosione dell’egemonia occidentale. Come si legge su “Axios”, “nessuno dei due ha fiducia nell’altro, ma entrambi hanno interesse a recitare un copione funzionale ai propri obiettivi immediati”.
In questo contesto, l’ipotesi di un “asse Washington-Mosca” resta sospesa tra retorica e realtà. È un costrutto fragile, forse illusorio, ma politicamente efficace. Un’alleanza senza trattati, fondata su dichiarazioni, immagini, gesti e silenzi. Un fantasma geopolitico che attraversa il panorama internazionale del 2025, lasciando dietro di sé interrogativi cruciali: cooperazione o manipolazione? Strategia o semplice scena?
Sintesi dell’articolo
L’articolo analizza l’asse Russia-Cina, evidenziando come il tentativo degli Stati Uniti di dividere Mosca da Pechino sia fallito. Si sottolinea che la partnership tra i due paesi si basa su convergenze ideologiche anti-liberali e su una crescente dipendenza economica e tecnologica della Russia dalla Cina. Il pezzo critica la narrativa di parità strategica, affermando che Mosca è ormai divenuta un partner subordinato. L’impatto sulle relazioni con Washington è indiretto ma rilevante: il fallimento americano nell’isolare la Russia si traduce in una rinnovata coesione tra potenze rivali degli USA.
Sintesi dell’articolo
L’editorialista esamina le relazioni USA-Russia nel contesto della guerra in Ucraina e mette in luce i tentativi frustrati dell’amministrazione Trump di negoziare con Putin. Il testo esclude implicitamente l’esistenza di un “asse Washington-Mosca”, sottolineando invece la pericolosità di una ritirata americana e l’eventuale rafforzamento dell’influenza russa globale. La cooperazione Mosca-Washington viene descritta come limitata e condizionata, mentre Putin viene descritto come interessato a trarre vantaggio strategico prima che un cambio di amministrazione a Washington chiuda la finestra di opportunità.