Sul piano politico l’assenza di Meloni al vertice della coalizione dei volenterosi, con la premier solo collegata da remoto, è stato un errore. Anche perché Meloni poteva sedersi al tavolo con Macron, Merz e Starmer portando una posizione realista e invece è assente nella foto. Posizione realista che per altro, sia per la debolezza e disunione europea che per l’imperversare di Trump, è oggi prevalente negli orientamenti degli Stati. La premier si è lasciata dominare dalle paure domestiche: la posizione pacifista della Lega, quella altrettanto isolazionista di gran parte dell’opposizione, i sondaggi con gli italiani per gran parte contrari al riarmo. Eppure la coalizione dei volenterosi pare aver rinunciato, proprio come Meloni sosteneva, all’invio immediato di truppe e alla creazione di forza di peace-keeping limitandosi alla fornitura di armi a Kiev e a creare una forza di sostegno anglo-europea soltanto dopo un accordo di pace. Meloni si è forse accorta dell’eccesso di cautela da lei messo in pratica. Il nastro non si può riavvolgere, ma con una certa abilità la premier sembra recuperare il filo politico.
“Ha fatto molto bene Giorgia Meloni, sia pure insistendo nel suo sostegno all’Ucraina, a non aderire formalmente alla coalizione dei volenterosi, perché mantenere un piede a Washington le conferisce una maggiore affidabilità”. A dirlo è l’ambasciatore Carlo Marsili, senior fellow della Fondazione Nodo di Gordio, ritenuto da molti “l’eterno Ambasciatore d’Italia ad Ankara”, sia per il segno profondo lasciato nelle relazioni bilaterali durante il suo incarico come Capo Missione in Turchia, sia per il forte attaccamento personale al Paese e la sua eccezionale conoscenza della cultura turca.
È significativo che il vertice si tenga a Istanbul. La Turchia si è già adoperata come mediatore nel conflitto russo-ucraino, favorendo l’incontro dei ministri degli esteri russi e ucraini ad Antalya all’inizio del conflitto e ottenendo il passaggio delle navi del grano attraverso il Mar Nero e lo stretto dei Dardanelli. Sebbene i progressi si siano poi fermati, la diplomazia turca ha continuato a lavorare per un’intesa. Grazie alla pressione del Presidente Trump e all’attività di Erdogan, siamo a un passo da una trattativa seria. La Turchia è un mediatore credibile perché, pur sostenendo l’Ucraina con droni e armi, non ha chiuso i rapporti con Mosca, a differenza dei paesi europei. Non ha applicato sanzioni, ha mantenuto le linee aeree con la Russia e ha un atteggiamento più aperto. La Russia non accetterebbe la mediazione di un paese europeo, schierato totalmente con l’Ucraina, e ha quindi accettato Istanbul.
Il protagonista principale del negoziato è il governo americano. L’amministrazione Biden era schierata al 100% contro la Russia, mentre Trump ha assunto un atteggiamento più equilibrato, unico modo per aprire uno spiraglio di pace. Continuare il conflitto per anni danneggerebbe tutti, soprattutto l’Ucraina, nonostante Zelensky lo neghi. La Russia è più forte e alla fine prevale. L’Europa, con le sue sanzioni alla Russia, non è un mediatore credibile per Mosca. All’interno dell’Europa, la “coalizione dei volenterosi” – che include i governi di Macron, Germania, Polonia e, fuori dall’UE, il Regno Unito – ha una posizione fortemente antagonista verso la Russia, che rischia di danneggiare il negoziato.
La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha fatto bene a prendere le distanze da questa coalizione, pur sostenendo l’Ucraina, mantenendo un dialogo con Washington. Gli Stati Uniti sono il vero protagonista, non l’Inghilterra o Macron, le cui azioni sono velleità inconcludenti. L’Italia ha agito correttamente, preservando il contatto europeo ma rafforzando i legami con gli Stati Uniti.
E’ bastata una domanda per smontare l’ennesima polemica sul nulla dell’opposizione: «Ci si chiede di partecipare perché dovremmo mandare le truppe in Ucraina o ci si chiede di partecipare per fare una foto e poi dire di no?». Giorgia Meloni, a margine del summit della Comunità Politica Europea a Tirana, l’ha messa sul tavolo dopo il tentativo da parte della sinistra di utilizzare un incontro, nella stessa città, tra Volodymyr Zelensky e i cosiddetti “volenterosi” per sostenere la tesi dell’irrilevanza internazionale dell’Italia.
L’irrilevanza internazionale dell’Italia proviene dalla notizia pubblicata dal quotidiano Welt che rischia di aprire una crepa diplomatica tra Italia e Germania proprio alla vigilia della visita ufficiale di Friedrich Merz a Roma. Secondo quanto riferito dal giornale tedesco, durante le trattative per la stesura del contratto di coalizione del nuovo governo tedesco a guida cristianodemocratica, il Partito socialdemocratico avrebbe chiesto e ottenuto l’eliminazione dell’Italia di Giorgia Meloni dal gruppo dei Paesi strategici destinati ad ampliare il tradizionale “formato Weimar” – che include Germania, Francia e Polonia.
Un’esclusione che appare tanto più significativa perché, nelle bozze iniziali del documento, Roma era inclusa nel cosiddetto “Weimar plus”. Ma su pressione del partito guidato dal vicecancelliere Lars Klingbeil, il riferimento all’Italia sarebbe stato rimosso. Accanto a questo strappo, altri dossier delicati avrebbero contribuito ad alimentare l’attrito tra Berlino e Roma: quello sull’operazione Unicredit-Commerzbank e la vicenda del gruppo Kbns, che secondo i media tedeschi non avrebbe potuto finalizzare un’acquisizione proprio a causa di un veto italiano.
L’indiscrezione ha provocato una reazione immediata in Italia, dove il partito della premier, Fratelli d’Italia, ha definito la notizia “gravissima, se confermata”. A parlare è stato il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, che ha espresso preoccupazione per un’eventuale esclusione dell’Italia dai piani strategici del governo tedesco.
Ancora più netta la posizione del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha bollato la decisione dei socialdemocratici tedeschi come “antieuropea”. Tajani ha ricordato che Forza Italia è uno storico alleato nel Partito Popolare Europeo della Cdu di Merz e ha sottolineato il ruolo centrale dell’Italia nel dialogo con la Germania: «L’Italia è uno storico interlocutore della Germania», ha ribadito il ministro, mettendo in guardia dai rischi di divisione in un momento in cui l’Unione Europea dovrebbe invece mostrarsi compatta.
Merz ha deciso di puntare sulle capitali storiche dell’intesa europea: Parigi e Varsavia sono state le destinazioni delle sue prime due visite ufficiali, coronate da un accordo bilaterale sulla difesa con la Francia. Tuttavia, al di là dell’agenda internazionale, il nuovo cancelliere deve fare i conti con una maggioranza eterogenea, dove la Spd vede in Meloni una figura politicamente ostile.
Meloni è sempre stata chiara sul punto: pieno e incrollabile sostegno a Kiev nell’ambito della cornice europea e internazionale, come ribadito anche nella sessione del summit Cpe dedicata all’Ucraina dove pure era presente Zelensky, ma no a iniziative che rappresentano una fuga in avanti di alcuni Paesi e che rischierebbero di complicare ulteriormente la situazione. Per questo l’Italia, pur seguendo con attenzione le mosse dei “volenterosi”, non partecipa al loro format, riproposto poi a Tirana.
«Rispetto a questo dibattito sulla mancata presenza italiana nelle riunioni tra Gran Bretagna, Francia, Polonia, Germania e Ucraina – ha detto il premier in un breve punto stampa – io devo ribadire una cosa che ho già spiegato diverse volte: e cioè l’Italia ha da tempo dichiarato di non essere disponibile a mandare truppe in Ucraina. Non avrebbe senso per noi partecipare a dei formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità. Credo che sia un fatto di chiarezza e di coerenza, e a chi si lamenta – l’opposizione per esempio – chiedo la stessa chiarezza e stessa coerenza: ci si chiede di partecipare a questi formati perché dovremmo mandare le truppe in Ucraina o ci si chiede di partecipare a questi formati per fare una foto e poi dire di no?».
«In queste cose – ha avvertito Meloni – bisogna essere seri e io sono una persona seria, dopodiché ovviamente l’Italia, che ha sempre sostenuto l’Ucraina e continua a sostenere l’Ucraina, nell’ambito di quello che è stato deciso, in ambito Ue e in ambito Onu, continua a partecipare a tutti gli altri tavoli, a tutti gli altri livelli, a tutti gli altri format, a tutte le altre iniziative». «Su questa iniziativa specifica noi non abbiamo dato la nostra disponibilità. Spero di essere stata ancora una volta – ha concluso Meloni – molto chiara».