Durante il question time sul femminicidio, in Senato, il ministro Nordio ha dichiarato il braccialetto elettronico come “incompatibile con i mezzi di trasporto” e suggerito alle potenziali vittime “forme di autodifesa”.
“Il funzionamento del braccialetto elettronico è molto spesso incompatibile con i mezzi di trasporto”, ha affermato il ministro, sottolineando che, spesso, la distanza dove si trova la potenziale vittima è difficile da coprire in tempo dalle Forze dell’Ordine.
Nordio ha quindi consigliato di promuovere per le vittime “forme di autodifesa, magari rifugiandosi in una chiesa o in una farmacia, in un luogo più o meno protetto”.
La frase del ministro della Giustizia Carlo Nordio su femminicidi ed etnie ha scatenato una bufera sul Guardasigilli, accusato di razzismo.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante il question time al Senato in merito all’utilità del braccialetto elettronico non dice una cosa falsa: il braccialetto elettronico non sempre è adeguato, è vero che le forze dell’ordine spesso non arrivano nei tempi utili per fermare il femminicida. Come è vero che può capitare che non funzioni, o si attivi troppo tardi, e non segnali la presenza dell’aggressore. È sicuramente uno strumento utile, ma va migliorato.
Nel 2024, in pochissime settimane, sono morte tre donne – Celeste Palmieri, Camelia Ion, Roua Nabi – uccise dai loro compagni nonostante avessero lo strumento attaccato al polso. Quindi sì, Nordio ha ragione: il braccialetto elettronico non (sempre) è sufficiente a tutelare le vittime di violenza.
Quello che però aggiunge Nordio dopo è assolutamente inaccettabile: ossia che la vittima, “nel momento in cui c’è il pericolo”, deve cercare autonomamente un rifugio, “magari in una chiesa, in una farmacia, insomma in un luogo più o meno protetto perché molto spesso l’intervento delle forze dell’ordine non è in grado di arrivare”.
Immaginatevi una donna che già vive nell’angoscia di essere aggredita o uccisa, costretta a guardare perennemente il dispositivo gps che segnala la vicinanza dell’aggressore. Immaginatevi di non poter nemmeno andare a fare una doccia senza portarlo in bagno, e di doverlo avere sempre a vista, d’occhio e d’orecchio. E adesso immaginatevi un membro dello Stato, una delle più alte cariche istituzionali, che vi dice: “se suona andate in chiesa o in farmacia”. Non solo queste parole suonano come una beffa, ma sono anche pericolose.
La presidente di Differenza Donna, Elisa Ercoli, ha replicato alle parole del ministro dicendo che “il problema non è il dispositivo in sé, ma l’assenza di un sistema strutturato ed efficiente per la sua gestione. È necessario che le forze dell’ordine siano dotate non solo di strumenti tecnologici, ma anche di personale dedicato al monitoraggio, formato con competenze specifiche sulla valutazione del rischio, sulla recidiva e sulla protezione delle vittime. L’obbligo dello Stato non è quello di indicare alla donna una farmacia o una chiesa dove ripararsi, ma è quello di dotare il Paese di una rete capillare di Centri Antiviolenza e Case Rifugio, affidati a soggetti specializzati e competenti. La protezione delle donne deve essere garantita da risorse pubbliche, scelte politiche chiare e investimenti stabili in prevenzione, protezione e giustizia. La violenza di genere non è un’emergenza nel nostro Paese, ma un problema strutturale che va affrontato con serietà e competenza, insieme ai soggetti – come le associazioni femministe e i centri antiviolenza – che da anni si occupano di fornire assistenza alle donne abusate. Non è qualcosa che si può improvvisare o alla quale rispondere in modo insufficiente, per non dire pericoloso’.
Le affermazioni del ministro Nordio hanno però immediatamente scatenato diverse reazioni. In una nota, le parlamentari M5S Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino hanno definito le affermazioni del ministro come “oscenità”.
Dopo aver ricordato che, spesso, la bicamerale al femminicidio ha denunciato il cattivo funzionamento del braccialetto elettronico, le parlamentari hanno proseguito: “Forse il ministro ignora che la maggior parte dei femminicidi avviene nelle case o in situazioni dove le vittime difficilmente riescono a mettersi al riparo dai loro carnefici”.
Il commento di Roccella
La ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella, che ha confermato l’impegno del Governo alla lotta al femminicidio: “L’attività legislativa che con i ministri Nordio e Piantedosi e insieme a tutto il governo abbiamo messo in campo e stiamo continuando a sviluppare è intensa, attenta, sottoposta a continuo monitoraggio”, ha affermato la ministra.