Negli ultimi anni il centrodestra ha dominato la scena politica italiana, anche grazie a un’opposizione spesso divisa, tuttavia, le recenti elezioni comunali hanno tracciato un nuovo scenario: il successo del centrosinistra in città simboliche come Genova dimostra che qualcosa sta cambiando. La vittoria di Silvia Salis al primo turno, appoggiata anche da Italia Viva, ha rotto un’inerzia che appariva consolidata.
In un’intervista a ilmessaggero.it, Matteo Renzi offre una lettura molto chiara: «Da mesi dico che è finito l’incantesimo di Giorgia Meloni. La premier si ritiene fortissima ma la crisi del ceto medio si fa sentire. Questo è un governo che promette tanto e realizza poco. I sondaggi vanno e vengono. Meloni sta tra il 25 e il 30%: un ottimo punto di partenza. Ma se la sinistra smette di litigare e trova candidature credibili la premier va a casa. Nel 2022 Meloni ha vinto grazie alle divisioni del centrosinistra: ha ottenuto solo il 26% ma le è bastato per governare. A maggio 2024 si è votato per Genova, non c’è più il veto e Salis vince al primo turno anche grazie al nostro 2,5%».
Renzi propone tre temi centrali su cui costruire un’alleanza: «stipendi, sanità, giovani. Stanno andando via troppi ragazzi: nel 2024 quasi duecentomila persone hanno lasciato l’Italia. È una follia. Se vogliono vincere, devono allargare al centro riformista. Perché in Italia senza il centro non si vince prima e non si governa poi».
C’è stato un confronto carico di tensione quello tenutosi a Palazzo Chigi tra la premier Giorgia Meloni e i suoi vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini. Un’ora e mezza di vertice nel cuore di una settimana segnata dalla doppia sconfitta del centrodestra al primo turno delle amministrative in Genova e Ravenna. Un colpo pesante per chi, come Meloni, aveva puntato sul “centrodestra unito” per contenere l’avanzata di un centrosinistra che, al contrario, si è dimostrato compatto e vincente.
C’è poi la battaglia interna sul terzo mandato dei governatori, dopo l’impugnazione da parte del Consiglio dei ministri della legge del Trentino-Alto Adige, che avrebbe permesso al leghista Maurizio Fugatti di candidarsi nuovamente. Meloni ha bacchettato gli alleati: “Aspettiamo la decisione della Corte costituzionale, ma intanto evitiamo di farci la guerra tra noi”. Il vero banco di prova sarà il Veneto, dove Luca Zaia rappresenta per la Lega una figura irrinunciabile. In caso di via libera della Consulta, il muro con Fratelli d’Italia sarà difficile da evitare.
Non meno divisivo il tema della legge elettorale. Salvini ha espresso contrarietà al sistema proporzionale con premio di maggioranza promosso da Fratelli d’Italia, ritenuto inadatto a fronteggiare un centrosinistra in fase di ricompattamento. Intanto, l’opposizione prepara una manifestazione nazionale per la pace in Gaza, mentre tra Palazzo Chigi e Farnesina cresce l’imbarazzo per le ultime operazioni militari israeliane.
Nel vertice si è discusso anche della posizione italiana sul conflitto in Medio Oriente, dopo le critiche del ministro della Difesa Guido Crosetto al premier Benjamin Netanyahu: “Ha superato il limite”, aveva dichiarato.
Tajani interviene alla Camera dei Deputati per confermare la posizione ufficiale italiana: amicizia con Israele, ma fine immediata dei bombardamenti.