Corte di Cassazione annulla decisione su trattenimento in Albania

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La Corte Suprema di Cassazione l’8 maggio 2025 ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Roma che aveva negato la convalida del trattenimento di un cittadino straniero nel Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Gjader, in Albania. Con sentenza depositata l’8 maggio n. 17510/2025 i giudici della Prima Sezione Penale hanno stabilito che il trattenimento di migranti richiedenti protezione internazionale in strutture albanesi è legittimo, anche dopo la presentazione della domanda di asilo, purché vi sia un precedente provvedimento valido di espulsione.Il cittadino straniero era entrato illegalmente in Italia nel 2021. Nel marzo 2025, il Prefetto di Napoli ne aveva disposto l’espulsione e il trattenimento nel CPR di Palazzo San Gervasio (Basilicata), convalidato dal Giudice di pace. L’11 aprile 2025, era stato trasferito al CPR di Gjader, in Albania, in base al Protocollo Italia-Albania e al decreto legge 37/2025. Il 17 aprile, però, aveva presentato domanda di protezione internazionale, respinta il giorno successivo dalla Commissione Territoriale di Roma. Il Questore di Roma aveva quindi ordinato un nuovo trattenimento per rischio di fuga, ma la Corte d’Appello lo aveva ritenuto illegittimo, sostenendo che la richiesta di asilo escludesse il fermo in Albania. La Cassazione ha ribaltato questa interpretazione, richiamando l’art. 3 della legge 14/2024 (modificato dal dl 37/2025) e il Protocollo con l’Albania. Secondo i giudici: I CPR albanesi sono equiparati a quelli italiani, dunque il trasferimento non interrompe il trattenimento legittimo. La presentazione della domanda di asilo non preclude il fermo, specie se sussistono «fondati motivi» di strumentalità (art. 6, comma 3, dl 142/2015). Il Protocollo consente il trattenimento in Albania per migranti sottoposti a procedure di rimpatrio, anche durante l’esame delle richieste di protezione.La sentenza cita anche la sentenza n. 39/2025 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato incostituzionale parte della procedura di ricorso in Cassazione per violazione del diritto al contraddittorio. Tuttavia, i giudici hanno precisato che ciò non inficia la legittimità del trattenimento in sé. In altro caso similare la Prima sezione civile della stessa Corte di Cassazione, con sentenza del 16 dicembre 2024 n.32763/2024, in relazione alla convalida del trattenimento di un richiedente asilo, già destinatario di un decreto questorile di trattenimento nel CPR di Torino, dopo essere stato raggiunto da un provvedimento di espulsione del prefetto, richiamava con precise riserve lo stesso art. 6 comma 3 del Dl.gs. n. 142/2015, secondo cui il richiedente (protezione internazionale) che si trova in un centro di cui all’art. 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in attesa dell’esecuzione del provvedimento di respingimento o di espulsione “rimane nel centro quando vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento o dell’espulsione”. Secondo la stessa sentenza, “resta fermo però che il giudice debba valutare, in caso di prassi applicative distorte, la compatibilità con il «fascio delle garanzie assicurate dall’art. 13 Cost., e, in particolare, alla regola che impone alla legge di determinare i termini massimi dei trattenimenti disposti in via preventiva, allo scopo di evitare che essi si prolunghino indefinitamente». E’ chiaro il riferimento non già al terzo comma dell’art 13 Cost. (che impone il termine complessivo di 96 ore per la convalida) ma all’ultimo comma, che impone di predeterminare per legge i termini massimi delle misure di restrizione della libertà personale; nel caso dei trattenimenti amministrativi dei cittadini stranieri i termini sono effettivamente predeterminati per legge e quindi la verifica rimessa al giudice riguarda la compatibilità della durata della sospensione, in attesa della adozione del secondo provvedimento di trattenimento, con i termini massimi stabiliti dal legislatore per la durata della misura” La decisione rafforza il quadro giuridico del Protocollo Italia-Albania, strumento chiave nella gestione dei flussi migratori. La Cassazione ha rimandato il caso alla Corte d’Appello di Roma per un nuovo giudizio, che dovrà valutare la convalida del trattenimento alla luce dei principi stabiliti.Il principio di diritto «I CPR in Albania sono equiparati a quelli italiani – si legge nella sentenza –. Il trattenimento è legittimo anche dopo la richiesta di asilo, se fondato su provvedimenti precedenti e su rischi concreti di elusione delle norme». Una posizione che potrebbe influenzare centinaia di casi simili, ridefinendo i confini tra accoglienza e controllo dei flussi migratori. Tuttavia, restano alcune perplessità in relazione agli obblighi costituzionali (art. 13, 24, 117 Cost.), europee (Direttiva Rimpatri n.115/2008, ) e internazionali, che vietano la limitazione della libertà personale e del diritto d’asilo senza una normativa che stabilisca effettive garanzie. Tanto più che la Direttiva Rimpatri 2008/115/CE e le Direttive su asilo e accoglienza Direttive europee su procedure di asilo (2013/32/UE) e accoglienza (2013/33/UE) vietano espressamente la gestione di richieste di protezione al di fuori dei territori degli Stati membri.

Paolo Iafrate

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