Il referendum del 8-9 giugno , scomposto in cinque quesiti, ha già scatenato una feroce polemica politica tra coloro che predicano l’ astensione ( partiti di governo) e chi invece spinge i cittadini a recarsi alle urne. L’ istituto referendario previsto dalla nostra Carta Costituzionale esprime un’ idea di concretezza e di efficienza, perché offre la possibilità di saltare le pastoie della burocrazia e le lungaggini parlamentari. Discutere dei temi referendari , dal lavoro ai requisiti per ottenere la cittadinanza serve per avvicinarsi di più ad una realtà che tocca la sensibilità popolare. Purtroppo negli ultimi anni l’ istituto referendario, ha perso molto del suo fascino , per colpa di una classe politica che spesso ha eluso il risultato delle urne . I quesiti su cui l’ elettore l’ 8 e il 9 giugno è chiamato ad esprimersi , a differenza di molti altri del passato , sono molto chiari e scevri da equivoci: o si o no . Ma a dire il vero, il duello è tra il si e l’ astensione. Chi sostiene il si dal PD di Elli Schlein a Landini e a Magi di +Europa, ha già iniziato la sua campagna contro il fronte astensionista. Chi vota no e va al seggio spinge in alto il quorum, verso il traguardo del 50% più uno, senza avere speranze di vittoria. Nella maggioranza, il leader di Forza Italia e Ministro degli Esteri, ha invitato gli elettori a disertare le urne, scatenando l’ira delle opposizioni. Va detto che spingere verso l’ astensione, denota timore e debolezza. Nel passato le battaglie referendarie si facevano basandosi sulla forza delle idee che erano alla base di questo o quel referendum. Ora ci si batte perché il quorum non venga raggiunto. Al di là di quello che sarà il risultato che sortirà dalle urne , pur se sconfitto, Landini si ascriverà il merito di aver mobilitato e indirizzato verso le urne milioni di italiani e di fatto diventerà il nuovo leader politico di una certa sinistra.
Sui referendum decisiva sarà l’ astensione
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