Dal 17 maggio al 26 luglio 2025, la Galleria d’Arte FABER di Roma ospita “Χρόνος”, una mostra personale di Roberto Ghezzi che invita il pubblico a riflettere sul tempo come esperienza fisica, sensoriale e filosofica. Curata da Cristian Porretta, l’esposizione propone un viaggio immersivo nel cuore della poetica dell’artista, che fonde scienza, natura e arte in un dialogo profondo con il paesaggio.
Ghezzi, noto per il suo approccio sperimentale, lavora in simbiosi con la natura, lasciandole il ruolo di “autrice” delle sue opere attraverso un processo creativo che si sviluppa nel tempo. Il tempo, infatti, non è solo soggetto ma anche mezzo dell’opera: dai mesi agli anni, ogni elemento naturale — acqua, luce, organismi — lascia la propria impronta sui materiali scelti dall’artista.
Due sono i principali filoni della mostra: le Naturografie, opere “trascritte dalla natura” in contesti ambientali incontaminati, e le fotografie stenopeiche, nate da una lunga esposizione alla luce in contenitori di recupero. In particolare, il pubblico potrà ammirare alcuni lavori tratti dal progetto “Thybris – Il fiume eterno”, già esposto presso La Galleria Nazionale di Roma.
Concepito come un allestimento immersivo, “Χρόνος” è un invito a percepire il tempo non come misura rigida, ma come materia viva, trasformativa e poetica. È un invito alla meraviglia e all’ascolto del mondo naturale, sempre più urgente nel nostro tempo.
Intervista all’artista Roberto Ghezzi
Nel tuo processo creativo deleghi alla natura l’atto artistico. Come scegli i luoghi in cui intervenire e cosa cerchi in essi?
Sono i luoghi a chiamarmi, non sempre riesco a capire perchè. Sorge in me un desiderio di entrare in contatto con un luogo, e quindi di conoscerlo a fondo, toccarne il mistero, tutte cose che non si esauriscono in una fotografia o in una pittura. Serve altro, è necessario che il paesaggio possa raccontarsi, appunto, su tela, senza intermediari.
Le tue opere vivono nel tempo e grazie al tempo. Hai mai considerato un’opera “completa” o è sempre il tempo a decidere per te?
L’opera si crea sempre nel tempo, perché insieme alla delega al dato “accidentale-naturale” è il segno distintivo della mia ricerca. Ma decido sempre io inizio e fine della “creazione”, e quindi scelgo un luogo e decido che quel luogo agisca sul mio supporto e decido quando tale “azione” debba cessare: da pochi minuti ad alcuni anni.
Le fotografie stenopeiche rappresentano una nuova direzione del tuo lavoro. Cosa ti ha spintoverso questa tecnica e cosa hai scoperto realizzandole in Nepal?
E’ una tecnica nuova che tuttavia non tradisce la mia poetica, perché anche in Nepal ho lavorato con l’azione della luce e del tempo. Non sono anche queste fotografie stenopeiche delle naturografie?
L’esperienza in Himalaya mi ha spinto a riconsiderare i miei limiti: con cosa posso ancora fare arte,se devo portare tutto ciò che può servire dentro uno zaino, per giorni e giorni?
In che modo la tua arte può contribuire a una maggiore consapevolezza ambientale senza caderein un messaggio didascalico?
Semplicemente, per me, l’unico modo per contribuire a conoscere un luogo, una foresta, un ghiacciaio, è amarlo. Ma come è possibile amare ciò che non si conosce? Ecco: non vedo via migliore per la conoscenza di una ricerca che faccia parlare un po’ di più il pianeta e un po’ meno gli uomini.
Intervista al curatore Cristian Porretta
Qual è stato il criterio curatoriale principale nel costruire questa mostra, tra le Naturografie e le opere stenopeiche?
Collaboro con Ghezzi da alcuni anni e insieme abbiamo ideato e presentato alcuni progetti che ci hanno impegnato molto sotto vari aspetti. Penso, ad esempio, al progetto Thybris curato insieme a Davide Silvioli esposto alla GNAMC di Roma. Questo mi ha dato modo di conoscere veramente dal di dentro il modo di lavorare di Roberto e capirne a fondo tutti gli aspetti. L’esposizione “Χρόνος” vuole mettere in luce i vari passaggi del processo e comprende alcuneinstallazioni che ne sottolineano il lato materico e un video che mostra più didatticamente la genesi del percorso. Pur tuttavia il criterio curatoriale sul quale mi sono soffermato è stato quello di evidenziare l’importanza del fattore temporale nel lavoro di Ghezzi sia da un punto di vista realizzativo che concettuale. Per questo oltre le Naturografie presenti in varie forme e dedicate a vari luoghi. Abbiamo scelto di dedicare uno spazio a se stante alle fotografie stenopeiche, le ultime opere nate in Nepal sull’Annapurna, ma realizzate anche in diverse zone geografiche.
In un momento storico in cui l’arte spesso rincorre la velocità, che valore ha curare una mostra cercata sulla lentezza e sul tempo?
Non so se sia l’arte a rincorrere la velocità, sicuramente lo fa la società e lo fa da molto tempo a questa parte. Una mostra che parla del tempo e dei ritmi della natura è forse un invito a riflettere su un modo di concepire la vita a una velocità non imposta dagli stereotipi del mondo contemporaneo.
Quanto è stato importante il dialogo con l’artista durante l’allestimento e in che modo ha influenzato le scelte espositive?
Ogni progetto, ogni mostra è concepita insieme all’artista. Nasce, cresce e si sviluppa attraverso un continuo confronto. Dal mio punto di vista questo risulta essenziale per comprendere prima ditutto gli aspetti ideali e concettuali che si celano dietro la realizzazione dell’opera e di conseguenzaagire nel modo più professionale possibile per rispettarli e farli emergere in ogni aspettodell’esposizione. La parte relativa all’allestimento è sicuramente quella più divertente, ma in uncerto senso anche quella più delicata nella curatela, perché rappresenta il passaggio percettivodall’artista al pubblico. Ogni scelta espositiva è pertanto frutto di un confronto continuo e di attentevalutazioni.
Come si pone “Χρόνος” nel panorama dell’arte contemporanea italiana e quale pensi possa essere la sua ricezione da parte del pubblico?
L’esposizione “Χρόνος” e in generale l’intero lavoro di Roberto Ghezzi rappresenta, a mio parere, un valore d’eccellenza per ferree posizioni concettuali, processi tecno-scientifici innovativi e potenza estetica. Detto questo, posso solo invitare il pubblico a vederla e immergersi nell’atmosfera che la natura, l’arte e il tempo ci restituiscono nella mostra. Dopo di che, magari, ne parliamo insieme e confrontiamo le emozioni che avrà “Χρόνος” suscitato.



Barbara Lalle