Radici Recise: Il Grido della Natura al Padiglione Lituano della Biennale di Venezia

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Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, l’articolo invatoci da Barbara Lalle, presente alla Biennale di Venezia

Il Padiglione lituano con le sue radici recise è il grido della natura alla Biennale di Venezia.

Una denuncia poetica contro il taglio degli alberi nelle città, tra memoria urbana e sostenibilità dimenticata.

Un albero morto accoglie i visitatori. Troncato, svuotato di vita, con le radici brutalmente interrotte a mezzo metro dalla base. Non è una scultura. Non è un oggetto di scena. È una ferita vera. Così si apre Archi / Tree / tecture, il padiglione lituano alla Biennale di Architettura di Venezia 2025, ospitato nel suggestivo complesso dell’Ospedaletto, a Santa Maria dei Derelitti.

Curato da Gintaras Balčytis e commissionato da Jūratė Tutlytė, il padiglione è un gesto forte, silenzioso, che diventa grido. È l’eco di una protesta che non conosce confini nazionali: quella contro il taglio indiscriminato degli alberi nelle città. Una questione sempre più globale, che incendia i comitati civici e accende il dibattito pubblico ovunque – da Vilnius a Roma, da Barcellona a New York.

L’installazione centrale – quel ceppo reciso – è l’innesco emotivo. Una sorta di “monumento funebre” che non celebra ma denuncia. È la rappresentazione tangibile di ciò che perdiamo quando spezzettiamo il legame con la natura urbana: non solo ossigeno, ma storia, memoria, identità.

Gli alberi nelle nostre città non sono semplici elementi di arredo urbano. Sono archivi viventi di storie, custodi silenziosi di luoghi e generazioni. Eppure vengono eliminati con sorprendente leggerezza, spesso per logiche economiche miopi, tagli alla manutenzione del verde pubblico o per assecondare nuove cementificazioni. Ma in un’epoca in cui le città si scaldano sempre più, dove le isole di calore urbano raggiungono picchi drammatici, possiamo davvero permetterci di abbattere ciò che potrebbe salvarci?

Il padiglione lituano risponde con poesia e precisione. Lo fa attraverso una serie di proiezioni immersive, che avvolgono il visitatore in un quadrato bianco dove scorrono immagini vive di alberi, radure e foreste. Come se quel ceppo iniziale potesse tornare a germogliare nella mente e nell’anima di chi guarda. Il messaggio è chiaro: senza radici non c’è futuro.

A completare il percorso, una serie di modelli architettonici raccontano progetti che si ispirano all’ambiente naturale, suggerendo un’architettura che ascolta e imita i ritmi della natura, invece di dominarla. È un invito concreto a ripensare lo sviluppo urbano, rendendolo finalmente compatibile con il pianeta che abitiamo.

La Lituania conferma ancora una volta la sua capacità di sorprendere con padiglioni coerenti, intensi, concettuali ma mai distaccati. Basti ricordare la vittoria alla Biennale Arte con Sun & Sea, la lirica performativa che raccontava l’apatia ambientale. O il padiglione costellazione di qualche anno fa, dove ogni visitatore diventava parte di un cielo comune.

Archi / Tree / tecture è una riflessione che tocca tutti. Non solo gli architetti o gli urbanisti, ma chiunque abbia visto un albero cadere nella propria via e abbia sentito che qualcosa – un’ombra, un ricordo, una frescura – era andato perduto.

È tempo di piantare, non sradicare. Di ricordare, non dimenticare. Di progettare città che respirano. Come quelle che questo padiglione ci invita, poeticamente e potentemente, a immaginare.

Foto Marco Marassi

Barbara Lalle

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