Ancora visibilmente scosso dalla tragica e improvvisa perdita di Fabiana, il padre, il 65enne Domenico Chiarappa trova la forza e il coraggio di commentare la notizia dell’arresto del presunto responsabile della morte della sua unica figlia.
Signor Domenico, ha saputo della notizia dell’arresto di Don Nicola D’Onghia, ritenuto responsabile della morte di sua figlia e del suo mancato soccorso?
“Si, l’ho appresa nella prima mattinata di martedì”.
Cosa si sente di dire in merito a tutto ciò?
“Cosa vuole che le dica, non cosa risponderle”.
Che idea si è fatto lei di tutta questa vicenda?
“Che idea devo ancora farmi. Io questa cosa l’ho pensata già dal primo momento. Abbiamo dovuto aspettare i riscontri investigativi e le determinazioni dei pubblici ministeri”.
In questo momento, oramai a quasi un mese dal tragico incidente e a poche ore dall’arresto di Don Nicola, cosa si sente di dirgli?
“Ma cosa gli dovrei dire? Credo che avrebbe dovuto assumersi da subito le sue responsabilità e non infangare il ruolo e l’onorabilità, pure, della chiesa. Non credo che, alla luce dei fatti abbia fatto una bella figura nel continuare a celebrare le sante messe e a partecipare alle processioni, credo deludendo, allo stato delle cose, anche chi lo ha seguito in questi percorsi religiosi di fede. Mi viene da chiedere che coraggio ha avuto nel comportarsi in questo modo”.
Don Nicola D’Onghia, ha sempre sostenuto, sin da subito, nelle dichiarazioni spontanee rese agli investigatori il giorno dopo e negli interrogatori fatti con gli inquirenti, quando era già indagato, di non essersi accorto di nulla rispetto all’accaduto o quantomeno di non aver capito che aveva investito Fabiana, le a questa versione dei fatti non crede?
“Ma come si fa a credere a questo? Io penso e credo che tutti sanno e possono concordare sul fatto che se anche investi un cagnolino o un animale di piccola taglia te ne rendi conto immediatamente e senza ombra di dubbio. Da quello che pare sia emerso evidentemente questo signore poteva essere distratto, mentre era alla guida, in quel maledetto momento quella sera. Pare, secondo quello che si è saputo dai risultati delle indagini, che pochi secondi prima della morte di mia figlia lui era impegnato ad armeggiare con il suo cellulare, mentre guidava. Per questo alla luce di tutto ciò non saprei, davvero che dire di questa, per noi genitori, tremenda vicenda che sembra non avere davvero un senso”.
Signor Chiarappa, se oggi o tra qualche tempo Don Nicola D’Onghia dovesse chiederle perdono lei sarebbe disponibile a perdonarlo?
“Ma sta scherzando? Si rende conto di quello che mi sta chiedendo? Ma non se ne parla proprio non ci penso minimamente a perdonarlo. Io non voglio proprio vedere la sua faccia. Le rispondo in tutta franchezza, forse e sottolineo forse, se si fosse comportato diversamente, in questa vicenda, con il tempo, avrei potuto prendere in considerazione una eventuale ipotesi di questo genere. Ma in queste condizioni e per come sono andate le cose che mi sembra siano state da questo signore gestite nel tentativo, non riuscito, di cercare di tutelarsi dalle sue responsabilità. E credo che la mia posizione e il mio pensiero possa essere comprensibile considerando che per un genitore l’esperienza più brutta, in assoluto, che si può trovare a vivere e, proprio, quella di sopravvivere a un figlio che crea un dolore e un vuoto indescrivibile e non augurabile a nessuno. A tutto ciò, nel mio caso, si aggiunge che Fabiana era la mia unica figlia, la cosa assume dei contorni ancora diversi”.