Non la possiamo neanche chiamare nuova la “green economy” che sta governando e condizionando le scelte del mondo. Non si tratta, ovviamente, delle pratiche di sviluppo sostenibile per ridurre l’impatto ambientale, promuovendo al tempo stesso l’economia e il benessere. Il riferimento è ben altro e sotto gli occhi di tutti. Come il mestiere più vecchio del mondo, anche l’avido e spregiudicato “attaccamento al dollaro” la forte moneta statunitense con l’effige di George Washington affonda le sue origini nella notte dei tempi. Pratica, questa, che negli ultimi tempi sta condizionando, più che mai, l’andamento delle scelte politiche del pianeta da parte di gente che ha smesso (ammesso che mai li abbia potuti indossare) le vesti dello statista per indossare le vesti luculliane del business man. Ora che un uomo di stato debba guardare con attenzione all’economia ci sta. Ma non ci sta il fatto che il suo sguardo non vada oltre il proprio naso o, ancor peggio, oltre la capienza delle proprie tasche. Cosa ben lontana dal concetto basilare della democrazia di “polis greca” nel quale l’armonia tra la gestione della cosa pubblica e gli individui che la componevano era assimilata così a quella esistente in natura fra il tutto e le sue singole parti. Ma il problema, forse, anzi sicuramente assume connotazioni di carattere culturale e antropologico. Del resto come si può pretendere che alcuni attuali leader di Stato, possano rifarsi a nobili principi nati in quelle parti del mondo dove quando si declamavano versi e concetti filosofici, i loro avi camminavano a gattoni? Quindi? Bisogna accontentarsi di quello che si ha che stride con l’avidità di coloro i quali ci dobbiamo accontentare che rappresentino i vari Paesi. Una avidità non certamente di Stato, ma di chiare connotazioni affaristiche degne della miglior saga cinematografica di “Tottòtruffa”, nella quale il principe della risata tentava un esilarante affare vendendo la fontana di Trevi. Solo che in quel caso il Principe della risata oltre ad aver divertito il mondo, incasso innumerevoli e fragorosi applausi, nei casi dei giorni nostri questi “padroni del mondo” incassano l’emblema di questa pseudo “green economy”, a spese dell’intera umanità che, forse, solo l’ordalia divina potrà giudicare e sanzionare come merita.
Il mondo condizionato dalla “green ecomony”, ma non quella ecologica
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