Migrazioni internazionali: nel 2024 superata la soglia dei 300 milioni di migranti nel mondo

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Nell’ambito del suo mandato di portare le questioni demografiche all’attenzione della comunità internazionale, la Divisione Popolazione delle Nazioni Unite, all’interno del Dipartimento degli Affari Economici e Sociali, pubblica set di dati sulla popolazione mondiale e analizza le tendenze demografiche globali. L’edizione 2024 del dataset “International Migrant Stock” presenta le ultime stime delle Nazioni Unite sul numero e le caratteristiche dei migranti internazionali in tutto il mondo. Coprendo il periodo dal 1990 al 2024, il dataset include stime del numero totale di migranti internazionali per sesso, nonché dei loro luoghi di origine e di destinazione, per 233 paesi e aree. Nel produrre l’edizione 2024 del dataset “International Migrant Stock”, la Divisione Popolazione ha dato priorità alla revisione delle stime per i paesi con nuove informazioni empiriche provenienti da censimenti o registri della popolazione e un numero relativamente elevato di migranti internazionali, nonché per i paesi interessati da flussi di rifugiati in corso o emergenti, come documentato dall’UNHCR. Nella nuova edizione di questi dati, un totale di 60 paesi e aree hanno ricevuto una rivalutazione completa delle tendenze relative al numero di migranti internazionali residenti nel territorio. Per i restanti paesi e aree, le stime generate nel 2024 riflettono estrapolazioni di quelle pubblicate nell’edizione 2020 del dataset. Secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, l’Europa guida per numeri assoluti, ma è l’Oceania a registrare la maggiore incidenza rispetto alla popolazione. Nel 2024, il numero di migranti internazionali nel mondo ha raggiunto i 304 milioni, quasi il doppio rispetto al 1990, quando erano 154 milioni. Lo rivela l’ultima edizione del dataset “International Migrant Stock”, pubblicato dalla Divisione Popolazione delle Nazioni Unite. La crescita è stata accompagnata da un aumento del loro peso sulla popolazione globale, passato dal 2,9% al 3,7%. Il fenomeno, secondo l’ONU, è stato spinto da crisi umanitarie, fattori economici e dinamiche politiche. Tra il 2010 e il 2024, un quinto dell’incremento dei migranti è stato determinato da rifugiati, richiedenti asilo e persone sotto protezione internazionale, cresciuti complessivamente di 18 milioni. Con 94 milioni di migranti, l’Europa si conferma la principale area di destinazione, anche a causa della guerra in Ucraina. Seguono il Nord America (61 milioni) e il Nord Africa con l’Asia Occidentale (54 milioni). In termini relativi, però, è l’Oceania a detenere il primato: più di un quinto della popolazione (21,5%) è composta da migranti. Subito dopo troviamo il Nord America (15,9%) e l’Europa (12,6%). L’Unione Europea, insieme al Regno Unito e ai paesi EFTA, rappresenta la maggiore area migratoria al mondo con 79 milioni di migranti. Tra il 2005 e il 2024, l’attrattività di quest’area è aumentata del 70%, ampliando il divario con il Nord America. Gli Stati Uniti restano al vertice con 52,4 milioni di migranti nel 2024. Seguono Germania (16,8 milioni), Arabia Saudita (13,7), Regno Unito (11,8) e altri paesi europei e mediorientali. Un caso particolare è la Russia, unico tra i principali paesi di destinazione a registrare un calo, con 4,1 milioni di migranti in meno rispetto al 1990, in gran parte provenienti dagli ex stati sovietici. Spiccano invece gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita per l’altissima incidenza di stranieri: rispettivamente il 74% e il 40,3% della popolazione. Tuttavia, la quota femminile in questi paesi resta molto bassa (32,7% e 22,3%), segno di una migrazione prevalentemente maschile e orientata al lavoro. In Italia, i migranti sono quadruplicati dal 1990. La loro incidenza sulla popolazione ha raggiunto l’11%, con una netta prevalenza femminile (53,7%), la più alta tra i paesi esaminati. Questo dato riflette un’immigrazione più radicata e legata anche a dinamiche familiari. Dai dati emerge chiaramente un cambiamento strutturale: oggi, in Europa, tra un decimo e un quinto della popolazione è nata all’estero, contro una sola nazione (la Francia) che superava il 10% nel 1990. Il mutamento ha impatti profondi non solo demografici, ma anche sociali e politici, contribuendo in molti paesi alla crescita di movimenti e partiti anti-immigrazione Nel contempo, il contrasto tra i paesi occidentali, dove i migranti godono generalmente di maggiori diritti, e quelli del Golfo, dove permangono condizioni di forte subalternità, pone interrogativi urgenti sulla sostenibilità dei modelli migratori e sulle politiche di integrazione nel lungo periodo.

Paolo Iafrate

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