Il mondo universitario si prepara a voltare pagina. Dopo anni di attese e soluzioni temporanee, arriva finalmente una riforma che potrebbe dare un nuovo impulso alla carriera dei giovani ricercatori. Il governo ha infatti inserito nel decreto legge 45 un emendamento che introduce un contratto di ricerca post-dottorale, pensato per colmare il vuoto normativo che ha a lungo caratterizzato la fase di ingresso nel mondo accademico, nota come “pre-ruolo”.
Si tratta di un cambiamento importante per chi, completato il dottorato, si trova spesso a dover affrontare percorsi professionali incerti, con forme contrattuali frammentate e spesso poco valorizzanti. Il nuovo contratto, a differenza dell’assegno di ricerca oggi in vigore, sarà più strutturato, con una durata definita, uno stipendio fissato centralmente e la possibilità di essere attivato anche in collaborazione con soggetti esterni, come enti pubblici o privati.
Un passo avanti concreto verso una maggiore trasparenza e sostenibilità del percorso accademico, che potrebbe rappresentare per molti giovani una reale alternativa all’espatrio o all’abbandono della ricerca. A beneficiarne saranno in particolare i laureati magistrali e i dottori di ricerca, che potranno accedere a incarichi fino a sei anni, con il supporto di un tutor e all’interno di un progetto formativo e scientifico definito.
Ma la riforma guarda anche al mondo delle imprese. In parallelo al nuovo contratto di ricerca, il governo introduce un incentivo economico per le aziende che decidono di assumere dottori di ricerca a tempo indeterminato: un credito d’imposta fino a 10.000 euro, pensato per favorire il trasferimento di competenze dal mondo accademico a quello produttivo.
La misura, inserita nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, punta a valorizzare il capitale umano altamente qualificato formato nelle università italiane e a favorire l’innovazione nei settori strategici. Un segnale positivo, che potrebbe rafforzare la collaborazione tra atenei e tessuto economico, offrendo nuove prospettive a chi ha investito anni nella formazione scientifica.
Se approvata, questa riforma potrebbe rappresentare un primo, concreto passo verso un’università più aperta, inclusiva e competitiva, capace di attrarre e trattenere i suoi talenti. Un’opportunità che il sistema accademico non può permettersi di sprecare.
Valentina Alvaro