‘Diario di cella 5’. Quel Papa scomodo che ha sfidato l’ipocrisia. Chi oggi lo commemora, si ricorderà di quello che ha detto?

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Riceviamo da Gianni Alemanno e pubblichiamo nel rispetto delle norme dell’Ordinamento.

Rebibbia, 28 aprile 2025 – 118° giorno di carcere.

Tutti i potenti della Terra, 400.000 persone in piazza, il mondo che guarda commosso la televisione, Trump e Zelensky che parlano, seduti da soli dentro la Basilica di San Pietro. Ormai fa parte della retorica comune dire che il mondo si è inginocchiato di fronte alla morte di Papa Francesco.

Anche qui in carcere, per una volta, le televisioni non sono sintonizzate sui programmi di Maria De Filippi, ma in tutte le celle si guarda in silenzio Piazza San Pietro.

Per le persone detenute Papa Bergoglio non era semplicemente un’autorità religiosa o un uomo giusto e famoso da apprezzare, era, ed è, un parente, un padre, un nonno, o uno zio (come qui vengono invariabilmente chiamati i detenuti più anziani), a cui si è affezionati perché lo si sente concretamente vicino nel proteggere e nell’aiutare.

Quante volte in questi mesi sono stato fermato anche dai detenuti più semplici che mi chiedevano: “Che farà il Papa? Perché non lo ascoltano? Lui è l’unico che può smuovere la situazione”. E Papa Bergoglio, fino all’ultimo, non ha deluso le aspettative: ha aperto una Porta Santa a Rebibbia, la sua ultima uscita fuori dalle mura vaticane è stata al carcere di Regina Coeli, ha lasciato 200.000 euro in eredità al Carcere minorile di Casal del Marmo. Tutto questo a coronamento di un Pontificato in cui non ha mai smesso di chiedere tre cose: fermare le guerre, salvare i migranti, aiutare le persone detenute.

Cosa hanno fatto i potenti del Mondo per rispondere a queste tre pressanti richieste? Cosa faranno ora che si sono commossi per la morte di Bergoglio?

E in Italia, culla del Cattolicesimo, cosa si farà per affrontare il più semplice di questi problemi, ovvero le condizioni di sovraffollamento e degrado in cui vivono gli oltre 60.000 persone detenute nel nostro Paese? Il Ministro Nordio continuerà a dire che bisogna costruire nuove carceri, che nel caso migliore saranno pronte tra dieci anni? O a ipotizzare di mettere le persone detenute in prefabbricati e caserme abbandonate, come si fa per gli sfollati dai terremoti? Senza, per altro, avere le risorse per colmare tutti i paurosi vuoti d’organico che già oggi (senza le nuove carceri) mettono in difficoltà la Polizia penitenziaria, seconda vittima del sovraffollamento carcerario? Senza affrontare l’altrettanta paurosa carenza di psicologi, educatori e giudici dei Tribunali di Sorveglianza? È in queste condizioni di sovraffollamento e degrado che, anche se senza pensare al Papa scomparso, si pensa di offrire alle persone detenute la via della rieducazione imposta dall’art. 27 della Costituzione?

I politici di centrodestra, nonostante tutte le polemiche sulle follie della giustizia italiana, continueranno a chiudere gli occhi di fronte a questa riedizione contemporanea de “Il Processo” di Kafka che si vive nelle carceri italiane? Carceri fatiscenti e sovraffollati, in cui si mescolano innocenti, persone condannate a decine di anni per reati banali o cervellotici, altri che aspettano invano l’applicazione delle leggi previste per la rieducazione e per l’avviamento al lavoro, ottantenni e malati? Quanto potrà durare la menzogna che in questo modo si tutela la sicurezza dei cittadini, la certezza della pena e l’autorità dello Stato? Provocando sistematicamente il 70% di recidiva, attraverso carceri che in queste condizioni sono solo Università del crimine?

I politici di opposizione continueranno, per opportunismo, a far finta che non sia responsabilità anche della Magistratura se si vive in questa situazione, non cominciata certo oggi che governa la destra?

Ai funerali di Papa Francesco sono stati invitati a partecipare anche cinque detenuti (alcuni provenienti dal nostro braccio) che hanno atteso il feretro all’ingresso di Santa Maria Maggiore per offrire ognuno di loro un fiore. Perché, come Trump e Zelensky si sono parlati dentro San Pietro, il Ministro Nordio non ha fatto il gesto di incontrare queste persone detenute sotto le volte della Basilica della Salus popoli romani? Non sarebbe stato il modo migliore per onorare Papa Francesco nella sua volontà di aiutare chi soffre dietro le sbarre?

Papa Francesco, con la sua morte, offre a tutti una via d’uscita, una possibilità di ripensamento senza perdere la faccia. Anche di fronte al più feroce degli elettori, non si ha la potente giustificazione: ce l’ha chiesto Papa Francesco? Può avvenire, almeno una volta, che tutta la politica italiana si metta insieme per fare qualcosa di serio per cancellare, o ridimensionare, una vergogna, che tra qualche mese porterà la Repubblica Italiana di nuovo sul banco degli imputati della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo?

Le strade per attenuare questa situazione possono essere tante, anche evitando un semplice “colpo di spugna”, basta volerle percorrere con la necessaria determinazione.

Cari ex colleghi politici, Papa Francesco vi ha offerto l’opportunità di interrompere una grande ipocrisia. Non rispondete aggiungendo un’ipocrisia ancora più grave: piangere Papa Francesco continuando a ignorare quello che Papa Francesco ha chiesto.

Gianni Alemanno

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